Era una giornata come le altre.
Sarah aveva acceso la webcam e il computer, assicurandosi che la luce attraverso le persiane sarebbero state perfette per enfatizzare il volume del suo seno e delle sue curve attraverso la stoffa del suo outfit.
Appena si accomodò, aprì l’inbox dell’account della sua piattaforma, pronta a soddisfare le richieste della settimana.
“Ah… Eccolo.”
Adam. Nome utente, Ad492.
Era uno dei suoi clienti abituali – anzi, sarebbe stato più corretto dire che lui da solo costituisse almeno un terzo del suo guadagno mensile. La sua esistenza era più vicina al ruolo di un sugar daddy che di un cliente, se fosse stata sincera: infatti, le mandava una quantità ingente di soldi come pagamento per richieste ridicolmente sobrie.
“Mettiti questo vestito.” E le mandava un link con i soldi per comprarlo.
“Legati i capelli.”
“Dì il mio nome.”
Le sue richieste non erano nulla di che. Foto, brevi audio, clip ancora più brevi. Non c’era neanche niente di estremamente esplicito.
Sarah non era il tipo di persona che guardava in bocca a caval donato, quindi li accettava con gratitudine. Non aveva mai visto la faccia né sentito la voce di questa persona, quindi per tutto quello che sapeva poteva essere semplicemente un vecchio con tempo e soldi da perdere che inseguiva giovani donne come unico sfogo per la sua vita sessuale.
Ma un giorno tutto questo cambiò.
Nella inbox, Adam richiedeva una videochiamata in privato.
“Voglio vederti.”
Ora, ad essere sinceri, Sarah cercava di presentare una certa persona ai suoi spettatori – il suo fascino era sempre stato nella capacità di attirare e tenersi la clientela semplicemente con un “tease, don’t show”, costruendosi quindi la reputazione di una delle poche persone sulla piattaforma che riusciva ad andare avanti senza cedere completamente alle richieste sempre più insistenti dei propri fans.
Per lo stesso motivo, il numero di videochiamate private che permetteva aveva slot molto limitati, e questo mese già erano stati prenotati.
“...Per Adam farò un’eccezione”, pensò.
“Se vuoi, ci sono anche ora.” Era l’una di notte, quindi non pensava di ricevere risposta fino alla mattina dopo.
Ma larisposta fu immediata. “Sì.”
Sarah fece partire la videochiamata, e venne sorpresa da un volto molto più attraente di quanto si aspettasse. I lineamenti definiti della mascella dell’uomo erano decorati da morbidi ricci, i capelli color mogano a rispecchiare la tonalità dei suoi occhi, scuri e accattivanti.
I suoi tratti non tradivano l’età: sembrava essere qualcuno che avesse smesso di contare gli anni e misurava il tempo in silenzi. Indossava una camicia scura, dei pantaloni eleganti da ufficio, ma lo sguardo limpido ammorbidiva l’impatto iniziale di austerità.
Il poco che Sarah poteva vedere del suo sfondo andava a dipingerel’immagine del puro lusso: non c’era niente di meno da aspettarsi, considerato le entrate che lui stesso le forniva, ma un uomo a cui non mancavano né bellezza che ricchezza? Non capiva il motivo per cui avrebbe sprecato così tanto tempo su una piattaforma di camgirls quando avrebbe potuto averne una a suo piacimentoin carne ed ossa con quegli assets.
“Ti osservo da mesi,” esordì lui. Come se lei non lo sapesse. “Sai recitare molto bene, ma non tutti i ruoli si possono scegliere.”
Huh?
“E quale ruolo avrei io, secondo te?”
Adam sorrise.
Lui parlava poco, eppure ogni frase era calibrata, chirurgica, non diversamente dai suoi messaggi precedenti.
Non diceva ti desidero, diceva ti comprendo.
Non chiedeva mostrami, ma guardami mentre ti guardo.
E nella misura in cui lei obbediva, sentiva dissolversi la distanza tra il personaggio e la donna. Non sapeva più se fosse ancora in scena, o se la scena fosse diventata la sua unica realtà.
“Sciogliti i capelli.”
“Mostrati.”
Toccati.
Con una lenta manipolazione, era riuscito a farle fare ciò che, di base, era completamente contro la sua immagine ed i suoi valori – ma erano i suoi? O quelli del suo personaggio?
Prima che se ne accorgesse, le sue dita erano tra le labbra della vulva, l’indice tra i propri denti mentre, sdraiata oscenamente sulla sedia, metteva su uno show depravato per l’uomo misterioso che non le aveva mai chiesto nulla prima.
Metti dentro un altro dito.
Massaggiati il seno. Apri le gambe, sì, di più.
Girati – voglio vederti da dietro.
Ogni ordine era enunciato con eleganza, il desiderio a malapena affiorante tra gli spazi di ogni parola.
Usa i tuoi toys. Quel dildo… Prendi il più grande che hai. Fingi che sia io, a strofinarlo sul tuo clitoride. A metterlo dentro, con lentezza, centimetro dopo centimetro.
E lei seguiva i suoi ordini, la figa bagnata – fradicia – mentre compiva alla lettera ogni azione: docile, sottomissiva, completamente sotto il suo controllo.
Non pensava sarebbe mai arrivato il giorno in cui a pendere dalle labbra di qualcun altro sarebbe stata lei. Non che in questo momento le importasse.
Ti ho sempre guardata.
I tuoi sorrisi, i tuoi gesti.
La pelle che a malapena scopri. Il neo sul tuo collo. Mi immagino sempre, a baciarlo. A leccarlo.
Inserì il dildo nella vagina, lentamente – il nome di Adam un tornado nella sua mente – mentre immaginava le caldi, grandi mani dell’uomo allargarle le gambe per accomodarsi meglio dentro di lei. Pelle contro pelle, il calore di due che diventa uno. La sua voce, melodiosa e baritona, a guidarla e sussurrarle caldi sospiri nelle orecchie.
A divorarti.
Le sfuggì un piccolo gemito, e fu solo allora che si ricordò di guardare oltre lo schermo: Adam era seduto, perfettamente composto, nel suo garbo d’ufficio – l’immagine della professionalità. Le gambe incrociate, la caviglia destra appoggiava comodamente sul ginocchio della gamba sinistra.
Sembrava così stoico e per niente affetto dall’effetto che la sua voce, le sue parole, il calore dei suoi sguardi avessero su di lei, ma Sarah lo sentì.
Respiri affannati, il fruscio dei vestiti. La mano sul cavallo dei suoi pantaloni, aveva tirato fuori il suo membro – eretto, largo più che lungo, e leggermente lucido di precum – e lo massaggiava con gesti lenti ma mirati. Il gomito appoggiato sul bracciale della sedia da scrivania, e la guancia appoggiata alle nocche dell’altra mano – Adam la guardava come se fosse uno spettacolo da cui non riusciva a distogliere lo sguardo, mentre la sua erezione non faceva che crescere sotto il suo languido tocco.
Con l’angolo da cui lo guardava Sarah – lei ancora era girata dall’altro lato – la ragazza non potè fare a meno di immaginarsi la scena: lui che la prendeva per i capelli – con una gentilezza inaspettata – mentre se la faceva da dietro come fossero animali in calore, gli snap del suo bacino contro la sua pelle.
Il dildo non era più abbastanza, la posizione non era più abbastanza. Si rigirò nuovamente verso di lui, il suo corpo candido e sudato in bella vista per il suo spettatore preferito.
Sentì una pausa nell’audio, un respiro strozzato, e il fruscio della stoffa farsi più insistente. Le iridi di Adam erano dilatate mentre con una mano Sarah massaggiava un capezzolo e con l’altra reinseriva il dildo dentro di sé, i movimenti nuovamente lenti e invitanti. Si morse le labbra, e prese un altro dildo – stavolta più piccolo – dal mobile accanto.
Voleva sentirsi piena, ed il vedere l’effetto che aveva su un uomo che finora era stato contento solo di vederla esistere le forniva piacere e soddisfazione. Orgoglio, quasi.
L’introduzione del diametro di un secondo dildo le tolse il respiro, ma continuò imperterrita. Le sue pareti venivano allargate così bene per accogliere i corpi estranei che si chiese perché non l’avesse fatto più spesso.
Abbandonando il suo seno, la mano ora libera si concentrò sul clitoride, raggiungendo poco dopo l’orgasmo.
Lui venne qualche minuto dopo, il nome Sarah sulle sue labbra, ed entrambi, soddisfatti, chiusero gli occhi.
Sarah avrebbe decisamente fatto sì che si incontrassero dal vivo.







