Racconto erotico | Sesso in treno
Tornai barcollante verso la stazione.
Ero appena uscita da quella che probabilmente era stata la cena di lavoro peggiore dell’anno. Sorrisi forzati e convenevoli nauseabondi, che facevano da contorno a cocktail scadenti e stuzzichini che erano possibilmente talmente sovrapprezzati che ci avrei potuto coprire il prezzo di tre pranzi.
Ma io, donna di 33 anni alle prese con la mia prima trasferta dall’altra parte del mondo, non potevo certo non presentarmi alla mia stessa cena di benvenuto. Sarebbe stato poco appropriato, e non volevo cominciare questo nuovo capitolo della mia vita col piede sbagliato.
Mi appoggiai a un lampione, l’alcohol scadente il cui effetto non aveva ancora cominciato a scemare (cazzo, pensai, mi è davvero salito alla testa), ma non avrei lasciato che la mia prima serata in un nuovo paese sarebbe finita in maniera così… deludente.
Decisa, ripresi a camminare verso la stazione.
Mi aspettava una bellissima sessione di masturbazione con il mio nuovo arrivato: un fallo realistico doppio. Vista l’assenza del mio compagno dovevo soddisfarmi in un qualche modo… no? E a volte i miei soliti toys non erano abbastanza. Una donna ha bisogno di un po’ di novità, ogni tanto.
Mi avviai decisa, oltrepassando le porte scorrevoli del treno e ritrovandomi davanti una cabina piena. Ma ripensandoci, qui mangiavano alle sei di sera, quindi magari non era così strano.
Mi guardai intorno, ma non c’era nessun posto a sedere visibile.
Pazienza, mi sarei messa nell’angolino vicino alle porte del treno.
I tacchi a stiletto stavano cominciando ad essere scomodi, le autoreggenti erano diventate una seconda pelle, e non vedevo l’ora di spogliarmi e andare nella mia bellissima suite, farmi un bagno nella vasca idromassaggio, e lasciarmi andare a dei meritatissimi orgasmi.
Un’altra fermata, e mi sentii spinta verso la porta. Era salita altra gente. Il fischio del treno segnalò l’abbandonare della stazione attuale, e tirai un sospiro: mi ricordavo vagamente che questo posto era conosciuto internazionalmente per i molestatori sul treno, soprattutto nelle ore di punta, e dovevo ammettere era una mia fantasia erotica… Ma probabilmente sarebbe rimasta una semplice fantasia.
Non feci in tempo a finire di pensarlo, che sentii una mano… Sul mio sedere. Un tocco leggero.
Mi si fermò il respiro, il corpo momentaneamente congelato, incapace di reagire alla sensazione inaspettata. Forse percependo l’irrigidimento, la mano cominciò a massaggiare il gluteo, infilando velocemente un dito sulla zona del mio sesso coperta dal tessuto delle mutande, passando da sotto la mia gonna.
Strinsi le gambe, respirando velocemente.
Era… eccitante.
L’idea di essere toccata da uno sconosciuto, in un luogo così pubblico, il dubbio consenso. Il fatto che chiunque, come il signore che indossava una mascherina nel sedile accanto, avrebbe potuto girarsi e vedere quello che stava accadendo.
E non avrebbe detto niente.
Magari, avrebbe anche cominciato a toccarsi, di soppiatto, nel vedere una donna d’ufficio venire molestata così spudoratamente in mezzo ad altre persone.
Il caldo respiro dell’uomo dietro di me si spostò leggermente, e la sua mano si poggiò sul mio ventre. Salendo, gradualmente, passando al di sotto dei bottoni della camicia, avvolgendo il mio seno oltre il reggiseno.
Il mio corpo aveva cominciato a riscaldarsi, ma la ruvida e sconosciuta sensazione della sua mano bollente contrastava con l’aria condizionata del veicolo, e mi scappò un piccolo gemito.
Come in risposta, si unì un’altra mano, diversa, a quella già presente sul mio sedere. Era più insistente. Si infilava veloce tra le mie gambe, e tesi il mio culo verso l’indietro per cercare di approfondire il suo tocco. Sentii un suono strozzato, seguito da uno schiaffo sul gluteo.
Che fosse uno schiaffo di rimprovero, o uno di elogio, non avrei saputo dirlo.
Ma ero stanca di aspettare.
Ero già bagnata, e avrebbero dovuto fare qualcosa al riguardo. Mi girai verso di loro, avventandomi contro uno di loro per spingere i nostri sessi l’uno contro l’altro attraverso la stoffa.
L’altro uomo si posizionò dietro di me, schiacciandomi tra i due, e spingendo il suo pene contro le mie natiche.
Un singhiozzo di sorpresa, e le mie mani si misero subito al lavoro. L’uomo dietro mi alzò la gonna. Sentii il suo cazzo strusciarsi tra le mie natiche poco dopo, massaggiandosi nella fessura tra di esse, e mi aggrappai allo sconosciuto davanti per sostegno mentre quello dietro mi teneva i fianchi per mettermi come voleva lui.
Ma l’uomo davanti a me non mi offrì a lungo quel supporto, poiché afferrò immediatamente le mie guance per incastrare le mie labbra nelle sue. Una lingua dritta in gola, sentii il forte sapore del tabacco invadermi i sensi.
La sua mano accarezzava il mio clitoride, alternando dei movimenti scattosi dei polpastrelli sulla piccola su quell’insieme di nervi allo scivolamento delle dita tra le labbra del mio sesso.
Dentro.
Lo volevo dentro. Subito.
Mi spinsi contro di lui, mentre le dita esperte dell’uomo dietro di me mi preparavano l’ano con del lubrificante che si era tirato fuori poco prima dalla tasca. La stimolazione da entrambi i lati aveva cominciato a farmi girare la testa, e mi aggrappai alla schiena del giovane uomo davanti a me, affondando le unghie sulla stoffa della camicia, mentre con i movimenti della sua bocca sembrava volermi divorare viva.
L’attesa finalmente ebbe il suo frutto quando con mani impazienti liberai il sesso imponente del ragazzo, che praticamente rimbalzò fuori dai suoi boxer.
Salivai alla bocca. Lo massaggiai lentamente, prestando attenzione alla fessura sulla cappella ed il frenulo, percorrendo con le dita la vena principale. Alternando il raschiare leggero delle unghie all’afferrare improvvisamente l’asta del suo pene, me lo cominciai a lavorare bene, inumidendolo con il liquido della mia stessa lubrificazione. Avvicinai il suo sesso al mio, massaggiando il mio clitoride e le falde della vagina con piccoli movimenti circolari, strusciandolo con gesti languidi sulle labbra desiderose tra le mie gambe.
Discostai la gamba un poco per lasciargli lo spazio di infilarmelo dentro, cosa che fece dapprima lentamente, per poi affondarlo appieno.
Un brivido di piacere mi percosse, mentre il mio corpo veniva scosso sia da davanti che da dietro dalla doppia penetrazione, anale e vaginale.
Lo sconosciuto dietro di me mi sbottonava la camicia e infilava le mani sotto il reggiseno, giocando con i miei capezzoli turgidi ed eccitati, mentre quello davanti squarciava la mia vagina con la sua circonferenza, la cappella sporgente e le vene pulsanti che venivano risucchiati sempre più dentro di me.
E mi venne un’idea.
Per qualche motivo, mi ero portata un ovetto vibrante appresso. Avevo avuto intenzione di usarlo per ravvivare la noiosa cena, ma alla fine era rimasto dimenticato nel fondo della mia pochette.
Slacciando le braccia dal corpo dei due uomini intorno a me, lo tirai fuori, uno sguardo malizioso a delineare la mia espressione travolta, probabilmente, dal piacere.
Lo inserii dentro la vagina, e decisi di dare il telecomando al giovane dietro di me, che lo accese subito. L’improvvisa vibrazione liberò un grugnito da lui e un gemito da me, e quasi come se un istinto animalesco avesse preso il sopravvento, avvolsi una gamba intorno ai fianchi dello sconosciuto davanti, il quale prontamente sollevò anche l’altra, approfondendo la penetrazione ed il contatto dei nostri corpi.
Nel frattempo, le spinte nell’ano erano diventate più veloci e meno profonde, il respiro del colpevole sul mio collo, seguito da lingua e denti.
Mi portai la mano alla bocca per soffocare il mio urlo di piacere al dolore improvviso, e con l’altra mano cercai di scostare la gonna e tirarla più su, guidare la mano di uno dei due sul mio seno per massaggiarlo, portarli entrambi sempre più vicini a me.
L’incavo delle mie orecchie e la mia mascella erano diventati i posti prediletti per la lingua del giovane davanti a me, e la maggiore sensibilità del mio corpo aveva fatto sì che qualsiasi posto toccassero, sembrava bruciare.
Incrociai lo sguardo con un uomo, forse sulla quarantina, che ci stava guardando. E prima ancora dell’imbarazzo, un vortice di calore alimentò il mio ventre – al vedere la sua mano, avvolta intorno al proprio cazzo.
Una singola donna, presa da dietro e da davanti, a fare sesso su un treno in pubblico.
Non ero sorpresa che fosse una vista eccitante.
Il suo sguardo era annebbiato, rivolto sul mio seno ora praticamente scoperto, che spuntava da fuori del mio reggiseno e dalla camicietta sbottonata.
Si immaginava sicuramente a fottermi tra le tette, alla spagnola. O magari, voleva che fossi presa a pecorina, mentre mi strozzavo sul suo sesso.
Non avrei saputo dirlo, ma sentii quello dietro di me uscire bruscamente, prima di venirmi sul culo, ansimante. In risposta, l’uomo davanti a me lo scansò, prima di girarmi e farmi appoggiare sui tubi di supporto dei sedili accanto, alzandomi ancor più il ginocchio per sprofondare nella mia vagina.
Afferrai precaria l’asta di metallo per non ricadere sulla persona seduta dietro di noi, che si voltò, finalmente resasi conto di quello che stava succedendo.
Ma non me ne fregava più niente. Completamente ignorando qualsiasi cosa gli altri passeggeri potessero pensare, ormai ero persa nel piacere, rincorrendo quella euforia che veniva sempre più vicina.
Con un’ultima spinta, il giovane mi riempì.
Un creampie da uno sconosciuto…
Avrei pensato dopo alle eventuali conseguenze, ma l’esplosione di puro piacere mi portò quasi all’apice. Il ragazzo divaricò le mie gambe, per strusciare il membro ancora semi eretto, ancora nel mezzo dell’eiaculazione, sul mio clitoride.
Venni con uno spasmo, chiudendo gli occhi per godere appieno della sensazione dell’orgasmo.
Nel socchiudere le palpebre, incrociai nuovamente lo sguardo del ragazzo dall’altro lato, oltre le persone inconsapevoli che ci separavano.
Gli lanciai un sorriso.