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Racconto erotico | Il suo calore

15 ottobre 2025

Entro nell’ufficio, sentendo gli sguardi rivolgersi immediatamente verso di me. Mi snodo leggermente la cravatta, prima di schiarirmi la voce.

 

“Da oggi sono il vostro nuovo direttore.”

 

So di essere giovane per il ruolo rispetto alla media; e come mi aspettavo, vedo le donne del team cominciare a bisbigliare tra loro. Ma una donna nello specifico cattura il mio sguardo.

 

Serena.

 

Figlia di un amico di famiglia, siamo praticamente cresciuti insieme – ho qualche anno in più di lei, ma siamo sempre stati vicini sia di casa che a livello emotivo. Recentemente, avevo perso i contatti con lei in quanto era andata a convivere con il compagno, ma per vie traverse sono venuto a sapere che non si era conclusa bene, e ora era tornata a vivere in città.

 

Forse, stavolta… 

 

Lei, in quel momento, incrocia il mio sguardo. Fa per aprire la bocca, in una velata espressione di sorpresa, come a chiedermi cosa ci facessi dietro la scrivania dell’ufficio – e le sorrido. Le spiegazioni avrebbero aspettato.

 

Dopo la mia presentazione, mi ritrovo inondato da colleghi che mi chiedono il percorso seguito e fare un po’ di networking – probabilmente, è più un modo di capire cosa aspettarsi per l’ultimo trimestre.  

 

Ogni tanto, i miei occhi ricadevano sulla figura di Serena, ancora seduta in fondo alla sala: era strano rivederla lì, tra le luci fredde di un ufficio, un sussurro della sua voce di anni prima come ricordo impresso nella sua mente.

 

La folla si disperde gradualmente, fino a lasciare solo me e lei. Prima di andarsene, lei mi passa accanto. “Ci vediamo dopo”, sussurra.

 

 

 

“Sei tornata in città.”

 

Appoggiati al bordo della scrivania, ci siamo messi a parlare: di come andasse la vita, che cosa fosse cambiato, come stesse la sua famiglia. E finalmente, l’argomento che più mi premeva: lo stato della sua relazione.

 

“Mi ha fatto le corna, quindi l’ho lasciato”, ammette in un tono piatto, privo di qualsiasi emotività. “Non stava funzionando comunque. Neanche a dire che a letto si riscattasse, perché faceva pena.”

 

Una risata vuota. La guardo, cercando di interpretare la sua espressione, una poker face perfetta.

 

Si stiracchia, e con il movimento vedo il suo seno premere contro i bottoni della blusa, la pancia venire scoperta dalla stoffa arricciata che le percorre la silhouette dei fianchi e addome.

 

La mia attenzione risale sulla scollatura, il modo in cui i suoi seni sodi si stringono in una perfetta linea dritta, quasi sporgendo oltre l’orlo del collo a V della camicia leggermente sbottonata.

E poi più su, su fino al collo sottile delicatamente ornato da una sobria collanina in oro, fino alle labbra carnose leggermente dischiuse.

 

“Ti piace quel che vedi?”

 

La domanda mi riporta immediatamente al presente, e schiarisco la gola, prima di lanciarle un sorriso.

 

Faccio un passo avanti, poi a lato, rinchiudendola nello spazio tra me e la scrivania, avvicinandomi pericolosamente a lei; potevo sentire direttamente il suo calore corporeo, l’odore del suo shampoo.

 

Finalmente era di nuovo tra le mie braccia.

Le alzo la gonna, scoprendo il suo slip completamente fradicio – tirando leggermente sull’elastico dell’intimo, strofino con la stoffa tra le due labbra inferiori, il suo sesso pulsante e pronto ad accogliermi.

 

Non ancora.

 

Inserisco le mie dita dentro la sua vagina, e mi sento immediatamente risucchiare. Con movimenti dapprima delicati, poi più insistenti, le muovo su e giù per la sua figa bollente, inebriandomi della sua espressione, gli occhi annebbiati, la bocca semiaperta mentre piccoli sospiri facevano da colonna sonora al nostro momento.

 

“Cazzo, sbrigati e mettilo dentro.”

 

“Siamo impazienti?”

 

Mi guarda storto, e rido sulle sue labbra, la lingua che lotta per la dominanza tras le labbra carnose di lei. Le mordo il labbro inferiore, tirandolo dolcemente, mentre le mie dita escono dalla sua vagina portandosi lo strascico dei suoi liquidi. Tocco il clitoride massaggiandolo in movimenti circolari, mentre con l’altra mano cerco di liberare il mio cazzo, che premeva insistente contro la tenda dei miei pantaloni.

 

Troppo lento”, impreca lei, e libera la mia erezione che si staglia in tutta la sua gloria appoggiandosi al ventre scoperto di lei. Serena lancia un fischio di apprezzamento, per poi spingersi di più contro di me e mettendosi sulla punta dei piedi per raggiungere il mio orecchio.

 

Fottimi.”

 

È un sussurro, ma è abbastanza per farmi perdere il controllo. La prendo per i fianchi, appoggiandola malamente ad una mensola, scaraventando per terra gli attrezzi poggiati sopra con un rumore tonfo che riverbera nel piccolo sgabuzzino dove ci eravamo nascosti.

 

Strofino la cappella, rossa e calda, sul suo clitoride, mentre lei mi massaggia le palle alternando morbidi carezze allo strusciare delle sue unghie. Impreco, abbassandomi in ginocchia e godendo della sua vagina come se fosse il mio ultimo pasto: muovendo la testa da un lato all’altro, la bocca spalancata, massaggio con la lingua il suo sesso e l’interno coscie, continuando a stimolare con il pollice il suo clitoride e usando l’altra mano per aprirle ancora di più le gambe, dandomi migliore accesso.

 

Aspetta”, la sento sussurrare. Si gira, tirando fuori una borsetta in velluto: aprendolo, c’è una piccola boccetta di spray e… un dildo. Incredibilmente realistico, tra l’altro, con le sue vene sporgenti e il colorito prepotente, come un fallo reale in piena erezione.

Scrolla le spalle, mentre igienizza il dildo. “Ogni tanto non riesco ad aspettare di arrivare a casa, quindi nella pausa pranzo…” Non completa la frase.

 

Non glielo lascio fare.

 

La prendo per i fianchi, con un suo gemito di sorpresa, e a voce bassa le suggerisco:

 

Fottiti davanti a me con quel cazzo di dildo. Voglio vederti giocare.”

 

Lei mi guarda, ma nei suoi occhi vedo l’eccitazione all’idea. Ma il mio ordine non è finito lì. “E prendimi in bocca. Voglio vedere quella tua piccola, adorabile bocca intorno al  mio cazzo.”

 

L’effetto è immediato. Si inginocchia, inarcando la schiena e dandomi la perfetta visione della sua candida figura, le tette che con la gravità pendono e si muovono con ogni suo singolo movimento, il sedere sodo che aspettava solo di essere sculacciato. E mentre inserisce il dildo dentro di sé – che è a vibrazione, a giudicare dal suono – con le dita affusolate prende il mio membro.

 

Apre la bocca, e il calore della sua lingua è quasi abbastanza per farmi venire lì, in quel momento.

 

Avevo sempre immaginato il suo corpo tra le mie mani, le sue gambe sulle mie spalle; il mio nome sulle sue labbra.

 

Ma quelle labbra non avrebbero parlato, non adesso. Con un movimento del bacino, schianto il mio cazzo dentro la sua bocca, raggiungendo la sua gola che si contrae momentariamente, stringendosi intorno alla mia sensibile erezione.

La sensazione è incredibile, e senza aspettare che lei abbia modo di abituarsi, la prendo per i capelli muovendole la testa ed usandola come uso i miei masturbatori a casa.

 

È la durata di un attimo, e mi riprendo il giusto per cercare di scusarmi, ma vedo la sua espressione – estasiata di stare soffocando sul mio cazzo.

I movimenti del suo braccio mentre si fa penetrare senza pietà dal dildo diventano più erratici: i suoni di lei che a malapena riusciva a respirare, con il mio membro in bocca, e gli splash del silicone contro pelle e i liquidi del suo orgasmo, mi portano all’apice e le vengo in bocca, il mio sperma che zampilla anche fuori dalle sue labbra. Ma sono ancora duro, quindi quando Serena stringe le gambe, vicina all’orgasmo, la spingo all’indietro, facendola appoggiare al muro, divorandole la bocca mentre sostituisco il dildo realistico con il mio cazzo

 

Le sollevo una gamba, inchiodandola con il mio cazzo alla parete, mentre anni di desiderio si accavallavano e cercavano di rendersi noti con la temperatura e rigidità del mio membro.

 

Lei viene squirtando, ed io esco poco dopo, venendo sulla sua coscia.

 

Massaggio i suoi glutei, afferrandoli e mollando un singolo, ultimo schiaffo con un sorriso malizioso.

 

La nostra pausa era finita.

 

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